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La storia della Sicilia, quella geologica, umana è narrata da Gianbecchina in un’esperienza dolorosa del devastante terremoto che sconvolse la valle del Belice.

"Terremoto" (1968) di Gianbecchina è un canto apocalittico, canto forgiato da una dolente rassegnazione agli ineluttabili eventi della vita.

Il dolore è tutto nel racconto, nel suo dipanarsi ampio e monocorde: ma è ancor più rappreso nelle "Donne di Gibellina", o nei volti attoniti della "Madre dolente” e di quegli "Umili", dalla cui sconfitta sembra pronta a risorgere una nuova e più compatta forza generatrice.

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